Costellazioni familiari, di Ana Llurba

di Giorgio Borroni

Eris Edizioni dà alle stampe un nuovo libro di Ana Llurba, scrittrice sudamericana New Weird, dopo il romanzo La porta del cielo, già recensito in questi luoghi un po’ di tempo fa. Questa volta l’autrice si cimenta in una serie di narrazioni brevi, dal titolo Costellazioni familiari, come uno dei racconti presenti nella raccolta. Se La porta del cielo si focalizzava su tematiche vagamente legate alla fantascienza, le storie contenute in questa opera tendono ad abbracciare un immaginario fantastico più ampio, sotto l’insegna del perturbante. Il primo racconto, Sulla sponda, è un vero e proprio inizio col botto, narrando le vicissitudini di una prostituta transessuale alle prese con situazioni pulp, ricchi raver senza scrupoli che vogliono farle la pelle e misteriose creature che si nascondono sulle rive di un fiume: qui la Llubra dimostra di essere a suo agio con tematiche care a film di Tarantino e situazioni estreme che mi ricordano molto lo splatterpunk anni Ottanta, ma con quel pizzico di sovrannaturale e pessimismo che mozzano sul nascere il sorriso generato dalle vicende paradossali e sfrenate. Il ritmo è un crescendo incalzante, martellante come un pezzo gabber in cui situazioni paradossali e scene di violenza nel party sfrenato per il quale la protagonista viene ingaggiata come escort non sono la cosa peggiore che capiterà di leggere; il finale lascia un alone di mistero e sensazioni cupe, nella sua risoluzione-non-risoluzione, e come struttura forse questa storia è una delle più riuscite della raccolta.

Nel secondo racconto, La cosa più simile alla felicità, è lo straniamento a farla da padrone, perché la vicenda viene narrata dalla prospettiva di un registratore di cassa affezionato a una commessa del negozio, sullo sfondo di una non ben precisata pandemia. La tecnologia sempre più parte della nostra vita è rappresentata come senziente, anche se vi è una sorta di incomunicabilità con gli esseri umani, soprattutto quando viene inutilmente usata per difendersi dalla circolazione di un virus: la scena in cui un drone inviato a fare la spesa in un negozio paga una confezione di tonno in scatola per usarlo come proiettile e distruggere una telecamera a circuito chiuso in spregio agli umani è potente ed emblematica.

Andando avanti con le storie la Llurba lascia intendere che queste siano legate da un filo rosso, si fa riferimento ad alcuni elementi che si ripetono, oppure questi vengono utilizzati semplicemente come mattoni per una sorta di “combinatoria” sullo stile di Calvino. Ad esempio la pandemia, il concetto di virus ricorre in Io e Roberto, un racconto di zombie ben congegnato, che mi ha ricordato film come Open Grave o Epidemia Mortale oppure in La vita eterna, in cui la protagonista è certa che la sua migliore amica sia un vampiro. Questo ultimo racconto affronta le inquietudini adolescenziali, i tentativi di ribellione di due giovani per non sottomettersi alle convenzioni del “sistema” che ben presto si scontrano con la vita reale. Il vampirismo diventa un residuo dell’età delle fiabe, un “virus” anche virtuale che si insinua nella vita adulta della protagonista, una sorta di scappatoia dalla monotonia che la società vuole imporre.

Il tema della magia nera invece viene esplorato in Le buone maniere e Le vergini nere, quest’ultimo, per l’equilibrio e l’atmosfera plumbea è un vero gioiellino. In entrambi i racconti le protagoniste sono due donne di servizio legate a credenze indios fuori dal loro ambiente: una al servizio di una vecchia anoressica stramba, l’altra di un artista berlinese che nell’armadio ha due inquietanti statue di cera  raffiguranti due gemelle. L’arte combinatoria della Llurba, ovvero situazioni simili ma mai uguali, come animali che si suicidano o culti di fanatici degli extraterrestri, fa piombare il lettore come nella stanza degli specchi di un luna park abbandonato. È come se l’autrice volesse ipnotizzarci storia dopo storia con una sorta di deja-vu, come se i protagonisti fossero reincarnazioni dei personaggi di racconti precedenti e tutto si reiterasse in una sorta di mantra. Ellis Rocket e Nazareth a mio giudizio sono un po’ gli anelli deboli del libro: il primo l’ho trovato troppo “lynchano”, criptico nella sua messa in scena, mentre il secondo appare poco più di un divertissement. Sull’autostrada riprende il classico viaggio on the road di una famiglia allo sfascio in cui accadono episodi strani senza alcun tipo di spiegazione, senza dubbio il finale apertissimo e incomprensibile può far storcere il naso ad alcuni, tuttavia l’atmosfera onirica creata sapientemente rimane una certezza in questa lettura.

In genere la scrittura asciutta e semplice si dipana in una introduzione lenta, è un elemento fondamentale per creare ambienti e delineare personaggi, per poi far mutare repentinamente le situazioni nel giro di poche frasi. Questi racconti, proprio per tale motivo, devono essere letti con attenzione, perché il loro ritmo non si spezzi e quindi sono un intrattenimento che richiede però anche un certo impegno. Come ho accennato, in alcune storie il finale arriva ex abrupto, quando meno ci si aspetta, e molto spesso è aperto, sin troppo aperto, tanto da lasciare il lettore spiazzato (come è ovvio che accada), ma anche un po’ deluso. È il caso di Costellazioni familiari, o in Villa Anhita Ruin Porn in cui forse la soluzione della vicenda arriva troppo rapida. L’ultimo racconto, La tregua, è forse il meno cupo della raccolta e quello che concede di più al grottesco, riprendendo la tematica fantascientifica sugli alieni e su fazioni opposte di culti (gli Immacolati e i Listeriani) che vogliono liberarsi dei microbi o li venerano. I protagonisti delle storie molto spesso si presentano da sé, con un io narrante e sembrano mettere in scena in chiave Weird e cupa le fasi della vita: l’infanzia, la pubertà, la vecchiaia. Nessuno dei protagonisti viene risparmiato dal dolore, dalla struggle for life destinata spesso a finire miseramente; spesso i personaggi sono devastati da problemi quotidiani o crisi esistenziali su cui si impiantano situazioni sovrannaturali che aggravano la loro condizione facendoli diventare qualcosa d’altro, oppure sempre tali problemi sorgono all’interno di situazioni già compromesse: mondi devastati dall’apocalisse, disagio sociale da cui non ci si può riscattare (lotte fra culti, guerre, catastrofi naturali). Il realismo magico si interseca con l’esistenzialismo in una miscela a dir poco esplosiva: è una lettura più per chi vuole godere di certe atmosfere che per chi desidera seguire una trama vera e propria, tanto che in questo il romanzo La porta del cielo con una vicenda ben delineata, non scontentava né una tipologia di lettore, né l’altra; comunque chi ha apprezzato lo stile della Llurba nell’opera precedente non rimarrà insoddisfatto da queste “pillole” New Weird impreziosite dalle illustrazioni di Darkam, che si adattano benissimo alle atmosfere.

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