holyfanZ

di Flavio Torba

Spesso le storie iniziano con un risveglio, ma questa è la fine.
Il suo agente ha detto che per attirare la massa non basta più farsi fotografare alla guida di auto proibitive, né contrarre i muscoli in sofisticati esercizi calistenici.
“Era una corsa truccata fin dall’inizio. Per quanto eccezionale tu sia, c’è sempre qualcuno migliore” ha detto. “Prima però tu non lo sapevi. Ora basta scorrere col pollice sullo schermo”.
Inoltre, sono tutti terribilmente più giovani di lui.
Per Alain, doversi scollare dalle lenzuola provoca mal di stomaco, brividi, voglia di vomitare, come neanche durante la deprimente fase degli inizi, appena dopo l’apertura dell’account. Le immagini di quando era uno zero – quelle postate, condivise, cancellate – aleggiano intorno al suo corpo ancora mezzo sdraiato. Galleggiano in nubi invisibili di elettroni da una manciata di kilobyte, ma sono reali. La corsa non si è mai fermata, fino a ora.
Ma: niente più video di consigli su come abbinare calze e cravatta. La massa cerca altro.
Alain si mette in piedi, assaggia il tepore del parquet di teak comprato con le sponsorizzazioni, nel suo appartamento costato decine di video sulle criptovalute, in un condominio eretto con mattoni di contenuti. Dondola sulle piante, un paio di volte.
Era magia, pensa.
Poi una fitta lo piega in due, gli mozza il respiro. La pelle del ventre si tende sotto il pigiama di seta.
Il suo agente ha detto che la bolla è esplosa e la massa adesso è più interessata che mai alla concretezza. Non può essere imbrigliata né indirizzata. Bisogna studiare qualcos’altro. Si potrebbe sempre provare col sesso, certo, ma anche lì c’è bisogno di inventiva.
L’agente gli ha fatto presente Cira. Nome d’arte, da pronunciare alla spagnola, con la lingua accarezzata dai denti. La queen di holyfanz.cam.
“Fai come lei”, ha detto, “sta nel tuo stesso condominio, due piani più su, e sicuramente non annaspa per pagare l’affitto”.
Due piani di dislivello in un condominio extralusso per gente che conta significano tre stipendi da comune mortale in più. Scherziamo?
Eppure la realtà è a portata di mano, nessuno l’ha spostata. Digitare holyfanz.cam e trovare l’account di Cira sarebbe facile, lo fanno migliaia di uomini e donne arrapati ogni mese, ma Alain si è sempre rifiutato.
Indifferenza, sufficienza, fastidio, gelosia per il fatto che ci sia ancora qualcuno capace di giocare al bovaro con la massa.
La massa: un bambino con deficit di attenzione ma con appetiti basilari.
Valuta se spaparanzarsi sul divano e accendere la tv, giusto per rimettersi al passo, ma le notizie arrivano direttamente da oltre le persiane abbassate, con il loro coro di traffico, sporadiche urla e spari.
E poi c’è questo nuovo dolore al ventre. Forse uno strappo per i troppi addominali, o acidità di stomaco per i beveroni sponsorizzati.
Forse è nella testa e si propaga allo stomaco.
Il dolore, la massa, l’agente. Tutto psicosomatico.
In cucina, la caffettiera a cialde ecosostenibili, compagna di tanti caffè con selfie in terrazza, gli strizza lo stomaco solo alla vista. Un gesto automatico diventa nemico, ma Alain vi si avvicina lo stesso. Ferma il piede a mezz’aria, come in un cartone animato.
Sul tappeto persiano che ha ospitato ore di virilissimo yoga tantrico debitamente filmato e diffuso in rete, c’è una forma umanoide che si muove, freme come uno schermo grigio. Alain si piega, nonostante il dolore, avvicina gli occhi.
Larve.
Minuscoli vermi bianchi e giallicci che si agitano tra gli intrecci sumak del tappeto.
Il conato esplode nello stomaco di Alain e risale. Un fiotto di liquido scuro tra i denti come un pozzo di petrolio appena stappato.
C’è un uomo fatto di sudiciume e larve nel suo soggiorno. Non un uomo vero, ma qui ci sono i contorni delle gambe, qui le braccia spalancate. La testa è di profilo, girata verso il televisore. Un groviglio di capelli spezzati per ciuffo. Alain allunga la mano per toccarli, poi la ritrae.
Qui è morto qualcuno, pensa.
Il quando e il come – ma soprattutto il chi – vengono soffocati dal panico.
Il declino dell’engagement, l’allontanamento della massa, dei follower, l’ascesa di Cira, e adesso questo.
Aiuto. Mi serve aiuto.
Barcolla verso il telefono, arriva ad alzare la cornetta prima di rendersi conto che una visita dei carabinieri lo farebbe crollare su tutti i social. La cattiva pubblicità come buona pubblicità è una stronzata. Anche l’agente è fuori questione. Troverebbe una scusa per mettere una bella pietra tombale sul loro contratto.
Il dolore, la massa, il tappeto. Niente più unboxing di sigarette elettroniche.
Un mix sbagliato di proteine, pensa. Un’allucinazione da stress.
Distinguere ciò che è reale dal resto non è mai stato un problema, finché è rimasto dal lato giusto dello schermo, al sicuro da filtri, giochi di prospettiva e distorsioni.
Aiuto. Da chi?
Mirko è a pubblicare storie a Dubai, Jonathan a filmarsi mentre fa parapendio nello Yucatan, Deborah… Deborah è un po’ che non posta.
È desolante seguire sulle varie piattaforme quasi tutti gli abitanti del condominio, conoscere tutte le specie vegetali che prosperano sui loro balconi e negli obiettivi delle loro fotocamere, e rendersi conto di aver scambiato una parola solo con una manciata di loro. Tutti troppo giovani, fuori target.
Cira.
Il suo è l’unico nome che Alain riesce a spremersi fuori dal cervello. Giura di rifletterci su, una volta che tutta questa storia sarà finita.


La ragazza che apre la porta è completamente nuda sotto una vestaglia trasparente nera. Una mano rimane appoggiata allo stipite in una coreografia studiata da vamp, l’altra regge una bottiglia d’acqua piena per metà.
“Stavi lavorando?” chiede Alain.
Un influencer quarantenne in pigiama e con il volto sfatto non dev’essere cosa da tutti i giorni. Le labbra di Cira rimangono socchiuse, ma gli occhi sgranati raccontano un’altra storia. La posa da vamp si scioglie in un’espressione troppo stupefatta per non sembrare ebete.
Non è tutta questa gran bellezza, in fin dei conti, nonostante il suo account rischi di scoppiare ogni volta che si connette.
“Qualcuno è morto nel mio appartamento” dice Alain. “Posso entrare?”
Un ticchettio nella penombra dietro le sue spalle scandisce il tempo che Cira ci mette a decidere.
“Stavo per iniziare ma…” inizia Cira. Guarda la bottiglia da finire, fa spallucce e avvita il tappo. “Per oggi posso ritardare un po’”.
Fa segno di seguirla all’interno. Ancheggia nel soggiorno minimalista, forse cercando di attrarre un nuovo affezionato pagante. E Alain sta al gioco, mappa quella silhouette esile, quasi androgina, e le piccole natiche che si muovono sotto la vestaglia.
Per cosa pagano? Cosa fa di tanto speciale?
Il pizzo non nasconde praticamente nulla. Anzi si apre un po’ di più quando lei si volta e gli indica una sedia – non il divano, non la poltrona – su cui aspettare.
Non ci sono orologi nel soggiorno, ma il ticchettio continua. E nessuna lancetta del mondo avanzerebbe in modo così irregolare.
Tic. Pausa. Tic tic.
Alain cerca con lo sguardo il rubinetto, ma nel lavandino della cucina non gocciola nulla.
“Chiamo delle persone” dice Cira. “Per aiutarci”.
Scompare in una stanza in fondo all’appartamento e si chiude la porta alle spalle, prima che Alain abbia il tempo di dirle che vuole capire soltanto se è diventato pazzo o no, se l’uomo fatto di larve c’è davvero.
Dopo il passaggio di Cira nel corridoio, il ticchettio si intensifica. Se ne aggiunge un altro. Dopo pochi secondi ci sono una decina di suoni sovrapposti, di diverso tono e intensità. Vengono da un’altra stanza con la porta semiaperta, sull’altro lato del corridoio rispetto a quella dove è entrata Cira. Alain si alza dalla sedia. Qualche passo e si affaccia sulla soglia.
Un letto di lenzuola di seta accuratamente rifatto. Puntato su di esso, un pc portatile con webcam. Una sessione in streaming programmata da qui a venti minuti. Un’altra bottiglia d’acqua. Asciugamani. Un foulard semitrasparente che filtra la luce di una lampada, avvolgendo la stanza in una cappa rosata. È l’interno di un organo transumano fatto di tessuti pregiati e sangue, vene e piacere in diretta.
Cira l’ha detto: si stava preparando per la sessione giornaliera su holyfanz.cam.
Il ticchettio viene da una decina di barattoli, tutti allineati su una mensola sopra la testata del letto, tutti a portata di mano. Sono coperti ciascuno da un fazzoletto – come gabbie di uccellini che dormono al buio, si svegliano, dormono ancora – e il loro contenuto non è visibile ma, appena Alain fa per avvicinarsi, il suono si intensifica.
Il dolore al ventre lo trafigge di nuovo. Stringe le palpebre e il buio momentaneo si riempie di lapilli di luce e profili di larve. Il dolore eccita ancora di più i barattoli che adesso tintinnano freneticamente. Qualcuno oscilla sulla mensola. Dolore e barattoli si attizzano a vicenda come bracci di un diapason.
Alain scappa dalla stanza, dall’appartamento di Cira. Guarda la propria mano sulla maniglia dell’ingresso e la vede grigia. La mano di un morto.
Arranca fino all’ascensore, si trascina dentro e preme il pulsante – tre stipendi da comune mortale più in basso – mentre la voce di Cira lo insegue.


In qualche modo riesce a rientrare in casa barcollando. L’uomo fatto di larve è ancora sul tappeto.
La tentazione di buttarsi a letto per un’altra settimana è forte e Alain è già entrato in camera, quando si accorge che anche tra le lenzuola appallottolate strisciano piccoli vermetti pallidi in mezzo a un indefinito sudiciume nero-giallastro.
Aria. Ho bisogno di aria.
Preme il pulsante accanto alla finestra e le persiane si aprono sul mattino di una città in decomposizione.
Eccola, la massa.
Si muove in piccoli branchi dal passo strascicato. Si lamenta, con la pelle e la carne a pezzi.
È morta, ma cammina.
Il nuovo trend.
Le nuove challenge scopriranno quanto può putrefarsi un corpo prima di non riuscire più a muoversi.
I passanti – la vera massa, l’unica che conta, pagante – fanno selfie con i cadaveri, sorridendo mentre quelli tentano di morderli. Labbra a culo di gallina accanto a gengive scoperte e nere.
Decadimento come cambiamento. Cambiamento come progresso. Stasi come nemica dell’engagement.
Un nuovo messaggio dell’agente.
Basta col wellness. Ora sponsorizziamo balestre e corsi di sopravvivenza. Fatti vivo.
Il dolore richiama attenzione e Alain cade all’indietro sulla levigatezza del teak. Solleva la camicia del pigiama e sotto è tutto una valle di carne morta. La salamandra tatuata sul lato sinistro degli addominali è stata strappata via da un morso e i muscoli sottostanti brulicano.
Vermi.
Sono io a essere morto sul tappeto.
Lo stesso Io che poi si è rialzato, si è messo il pigiama e si è sbattuto a letto.
Non ricorda come si sia infettato e non ha neanche importanza. Forse non è neanche vero che è lo stesso Io.
Il rumore della porta d’ingresso che si spalanca. Selvagge grida femminili – suoni che invadono l’intimità del rifugio di Alain, mostrato al mondo sempre attraverso il filtro dello schermo – lo riportano alla realtà. La paura diventa chiarezza. Cira ha chiamato i rinforzi, affamati di souvenir da infilare nei loro recipienti di vetro e da usare all’occorrenza nei loro show.
Dita e lingua di un influencer della vecchia guardia. Membra autonome che faranno il lavoro sporco dopo che Cira si sarà scolata i suoi litri d’acqua. Una pioggia dorata di bonifici.
Le erinni fanno irruzione nella stanza, alzando i falcetti e roteando nelle orbite occhi bramosi di celebrità. Si portano dietro barattoli di vetro in cui conserveranno i pezzi di Alain.
Ciascuna si appropria di una porzione di ex-divo. Metaforicamente, è andata sempre così, solo che prima lo pagavano.
Vista l’età, potrebbero essere sue figlie. Una falce si abbatte alla base del pene. L’evirazione di Urano. Visioni di sex toys di carne putrefatta, podcast su fellatio necrotiche.
Contenuti.
L’ultimo pensiero di Alain è per la sua storia. Questa storia.
Pensa a come questo racconto invecchierà male e a come invecchieranno male tutte quelle belle paroline alla moda di cui è costellato, per poi essere sostituite da altre ancora più catchy.
Smembrare la vecchia carne per soddisfare nuove voglie.
Fine della live.

Illustrazione di Jeremy Enecio
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