Inedito di Farnsworth Wright, da Weird Tales 1

di Marco Tumiatti

Un secolo di Weird Tales: le origini di un fenomeno pulp

Sono passati cento anni dal primo numero di Weird Tales, la rivista pulp destinata a imprimersi per sempre nell’immaginario degli appassionati per aver ospitato i più grandi nomi del genere.

Forse non tutti sanno che Weird Tales nacque con un duplice scopo: il primo, meno nobile, era quello di aiutare a risollevare la situazione economica di una precedente esperienza editoriale denominata Detective Tales; il secondo, più strategico, era quello di dare finalmente una destinazione specifica a quei racconti del fantastico che fino a quel momento non avevano ancora trovato una rivista di riferimento, finendo in modo frammentato tra le pagine di riviste pulp già sul mercato. Sul finire del 1922, J. C. Henneberger, curatore di Detective Tales e profondo estimatore delle opere di Edgar Allan Poe, decise così di fondare un’apposita casa editrice – la Rural Publishing Corporation of Chicago – assieme al compagno di Fratellanza J.M. Lansinger e di avviare questa nuova avventura editoriale destinata a segnare per sempre la storia del genere weird.

Il primo nucleo della rivista fu composto Edwin Baird, già editore di Detective Tales, Farnsworth Wright nel ruolo di assistente editoriale, e Otis Adelbert Kline, successivamente ricordato per la diatriba letteraria scatenata con Edgar Rice Burroughs a causa di reciproche accuse di plagio. La rivista fu inizialmente messa in circolazione a metà del febbraio 1923, ma la versione ufficiale distribuita dopo una revisione del formato porta la data di marzo 1923, esattamente un secolo fa. Dopo il primo anno di attività, segnato da incertezze economiche, la cura editoriale della rivista passò a Wright, sotto la cui supervisione vennero pubblicati molti degli scritti di Howard Phillips Lovecraft, Robert E. Howard, Clark Ashton Smith, Robert Bloch, E. Hoffman Price, e centinaia di altri autori meno conosciuti, ma non meno interessanti. La supervisione di Wright non fu sempre brillante: alcune pietre miliari della letteratura weird inizialmente furono rifiutate, spesso sulla base di preferenze personali dell’autore, che prediligeva la narrativa breve: per esempio, pur apprezzando l’idea dietro L’ombra su Innsmouth di HPL, Wright commentò la scelta di non pubblicarla dicendo di “[non sapere] cosa farci: è una storia difficile da dividere in due parti, e troppo lunga per essere completata in una sola lettura”. La stessa sorte toccò a Le Montagne della Follia e La Figlia del Gigante dei Ghiacci, di Robert E. Howard.

L’editoriale del primo numero, pubblicato in coda ai ben 26 racconti contenuti all’interno della rivista e suggestivamente intitolato “The Eyrie” (il nido d’aquila), si apre con una netta dichiarazione d’intenti:

Weird Tales non è soltanto “un’altra nuova rivista”. È un nuovo tipo di nuova rivista – una drastica variazione delle regole consolidate che dovrebbero disciplinare la pubblicazione di nuove riviste. In una parola, Weird Tales è unica (“the unique magazine” diverrà infatti il suo sottotitolo, NDA). Le storie contenute in questo numero non si possono trovare da nessun’altra parte. Così sarà anche per le storie che verranno pubblicate nei prossimi numeri. Altrove, queste storie vengono considerate tabù. Non sappiamo perché. Alla gente piace leggere questo tipo di narrativa. È innegabile. E il problema morale del “buon gusto” non costituisce un ostacolo. Alcune [di queste storie] vi ripugneranno; altre, forse, vi faranno trasalire di fronte a eccentrici scenari; nessuna, crediamo, vi farà sentire peggiori dopo averla letta. Siamo tuttavia convinti che queste storie vi faranno dimenticare ciò che vi sta attorno, sgombrando la vostra mente dalle incombenze del mondo moderno, e fornendovi un piacevole diversivo. Non è forse questo il ruolo fondamentale della narrativa?

Il primo numero di Weird Tales

Per celebrare il primo secolo dall’esordio della rivista e viaggiare nel tempo alla scoperta degli albori del genere, pubblichiamo oggi in traduzione inedita il contributo d’esordio di Farnsworth Wright, il futuro editore del periodo d’oro della rivista, che ci delizia con un classico eppure attualissimo racconto ambientato nel luogo horror per eccellenza.  A proposito di case stregate, ci vediamo su Massacro #3 con un inedito di Philip Fracassi.

Farnsworth Wright

La Mano (The Closing Hand, Weird Tales, Rural Publishing Corporation, Chicago, marzo 1923)

Di Farnsworth Wright

Solitaria e minacciosa, la casa sbirciava come uno spettro attraverso gli alberi spogli che sembravano ritirarsi dalla sua presa.

Il verde muschio della decadenza giaceva sui tetti umidi, e le finestre, incassate in profonde cavità, osservavano ciecamente il mondo, come orbite senz’occhi. Il suo aspetto era talmente minaccioso che i ragazzini, avvicinandosi a quei tetri tetti spioventi, smettevano di fischiettare portandosi dall’altra parte della strada.

Nei campi, le persone scrutavano nella pioggia cadente da alcune casette ammassate, come chiedendosi quale famiglia potesse essere così coraggiosa da prendere dimora tra le mura buie di quella vecchia villa, i cui pavimenti senza tappeti per due anni non erano stati calpestati da piedi umani.

In una stanza nell’attico della casa due sorelle erano distese a letto, ma non erano addormentate. La sorella più piccola era rannicchiata per il terrore causato da quel luogo tetro. La più vecchia rideva delle sue paure infantili, ma la sorellina avvertiva l’incantesimo del vecchio edificio, e ne aveva paura.

«Immagino che non ci sia davvero nulla da temere in questa casa vecchia e cupa,» disse senza convinzione, «ma l’atmosfera di questo posto è orribile. Madre non avrebbe dovuto lasciarci sole in questo posto raccapricciante.»

«Stupida,» la rimproverò la sorella, «con tutta l’argenteria al piano di sotto, qualcuno deve restare qui, per via dei ladri.»

«Oh, non parlare di ladri!» la implorò la più piccola. «Ho paura. Continuo a immaginare di sentire dei passi di fantasmi.»

La sorella scoppiò a ridere.

«Dormi, Paperella,» disse, «le case stregate sono soltanto superstizioni, esistono solo nel mondo della fantasia.»

«Perché nessuno ha mai abitato qui negli ultimi due anni, allora? Mi hanno detto che per cinque anni tutte le famiglie che hanno abitato qui si sono trasferite dopo poco tempo. In casa c’è un’atmosfera spaventosa. E non riesco a smettere di pensare alla figlia più anziana dei Berkheim, accoltellata a morte nel suo letto, senza che nessuno abbia mai saputo come sia successo. Ehi, potrebbero averla uccisa proprio in questa stanza!»

«Mettiti a dormire e non farti spaventare da certe idiozie. Madre ci raggiungerà domani sera, e Padre tornerà il giorno dopo. Ora dormi.»

La sorella maggiore si addormentò poco dopo, ma la più piccola rimase distesa con gli occhi sbarrati, guardando nella stanza buia e rabbrividendo a ogni minima folata di vento o al lontano fragore del tuono. Iniziò a contare, sperando di farsi scivolare in un’ipnotica sonnolenza, ma trasaliva a ogni piccolo rumore, perdendo il conto.

Improvvisamente si voltò e prese la sorella per le spalle, scuotendola.

«Edith, c’è qualcuno che si aggira furtivamente al piano di sotto!» sussurrò, «Senti! Oh, cosa possiamo fare?»

La sorella maggiore prese un fiammifero e accese la candela. Poi si infilò la gonna del vestito e le ciabatte.

«Non starai mica andando laggiù? Edith, dimmi che non stai andando di sotto! Potrebbe essere la ragazza assassinata dei Berkheim! Edith, non –»

Con un’occhiata colma di fastidio Edith fulminò la sorella, distesa a letto con il volto pallidissimo e gli occhi spalancati, in preda al terrore.

«C’è qualcosa che si muove al piano di sotto, e scoprirò cosa,» disse.

Prese la candela e uscì dalla stanza. La sorella più piccola rimase distesa al buio ad ascoltare il picchiettare della pioggia sul tetto e tendendo le orecchie per captare anche il minimo suono. Il rumore al piano terra cessò, ma si alzò il vento e la pioggia iniziò a battere sul tetto con furiosi colpi improvvisi che le fecero martellare selvaggiamente il cuore nel petto. 

Passarono dieci minuti, poi venti, e Edith non faceva ritorno.

Una porta si chiuse violentemente, e la sorellina pensò di aver sentito qualcosa muoversi di nuovo, ma il vento iniziò a soffiare, coprendo tutti gli altri rumori. Sentiva quel suono tremendo tra le raffiche, e ogni volta sembrava più vicino.

Poi trasalì, realizzando che qualcosa stava salendo le scale. A un certo punto credette di sentire un urlo, a cui si unì la voce lamentosa del vento, in uno strano duetto. Il suono estraneo si faceva sempre più vicino. Saliva le scale, un gradino alla volta, udito soltanto quando il vento e la pioggia abbassavano la voce. Superò il primo pianerottolo e si diresse lentamente verso il secondo piano, mentre la ragazza terrorizzata attendeva il suo arrivo.

Il vento ululò fino a far tremare la casa; penetrò oltre le gronde, fuggendo nei campi come un fantasma perseguitato.

A quel punto i battiti martellanti della ragazza zittirono gli ululati del vento, perché la presenza aveva invaso la camera da letto!

Si riparò sotto le coperte, e un sudore freddo le congelò il corpo fino a farle battere i denti. La sua mente evocò cose spaventose – uno spirito incorporeo giunto a distruggerla – un cadavere giunto dalla tomba, farfugliante di paura perché incapace di strapparsi il sudario dal volto – la figlia dei Berkheim con il coltello ancora infilato nel cuore – o un mostro in fuga che si leccava le labbra pregustando il banchetto offerto dal suo corpo tremante. O era forse un assassino deciso a terminare il suo sanguinoso compito dopo aver ucciso sua sorella?

Un fulmine squarciò il cielo, e il tuono abbaiò il suo terrificante avvertimento. La ragazza gettò via le coperte e si appiattì al muro, con gli occhi fuori dalle orbite, preoccupata che un altro lampo rivelasse una vista troppo orribile da contemplare.

Presto l’essere si trascinò lungo il pavimento, si issò sul letto, e liberò un suono soffocato e agonizzante.

La ragazza rimase pietrificata. Poi, con timore, allungò una mano tremante, ma la ritrasse subito per paura di un contatto tremendo.

Di nuovo lanciò la mano tremolante nell’oscurità, sempre un po’ più in là, fino a quando non toccò qualcosa di ispido e bagnaticcio.

Una mano sudata si chiuse sulla sua, e la ragazzina scattò in piedi con un urlo di terrore.

La mano congelata si strinse tremolando in modo ripugnante, trascinandola verso il basso. Poi, stremata, perse i sensi ricadendo sul letto.

Si svegliò quando era ormai giorno. Al suo fianco, sul letto, giaceva il corpo insanguinato di sua sorella Edith, pugnalata al petto dal ladro che aveva tentato di scacciare. La sorellina stringeva le ciocche di capelli raggrumati sul petto della sorella, la cui mano fredda si era chiusa sulla sua nell’ultimo, convulso brivido della morte.

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