Disco Boy, di Giacomo Abbruzzese, da oggi nelle sale

di Stefano Spataro

Esce oggi nelle sale Disco Boy, opera prima del regista tarantino Giacomo Abbruzzese, premiato a Berlino con l’Orso d’argento per il miglior contributo artistico, in particolare per la straordinaria fotografia di Hélène Louvart. Abbruzzese ha una lunga carriera di cortometraggi alle spalle, tra cui mi limito a menzionare Fireworks e il più recente I Santi, entrambi legati alla città di Taranto e alle sue idiosincrasie. Con questo lungometraggio, il regista spinge l’acceleratore su tematiche di respiro internazionale, e realizza una piccola perla di novanta minuti da vedere assolutamente.

Ho avuto il piacere di partecipare all’anteprima tenutasi al Teatro Orfeo di Taranto il 5 marzo scorso, alla presenza del regista che ha dichiarato trattarsi di un film di guerra diverso dal solito, un film in cui “viene messo in risalto anche il punto di vista dell’‘altro’” mostrato quindi non solo come “nemico, ma come soggetto anch’egli frutto di una storia degna di essere raccontata”.

Una prima parte del film segue le vicende di Alex (Franz Rogowski), giovane bielorusso fuggito clandestinamente dal suo paese per arruolarsi nella legione straniera francese al fine di ottenere la cittadinanza; durante questa breve epopea però Alex subirà una perdita che lo segnerà in maniera profonda. Nella seconda parte del film la macchina da presa indugia sulle vicissitudini di Jomo (Morr Ndiaye), sua sorella (Laetitia Ky) e un gruppo di ecoterroristi impegnati in una rivolta politica nel Delta del Niger.

Alex e Jomo si scontreranno durante una missione della legione straniera in Africa, e da questo scontro il film prenderà una svolta originale e completamente diversa. Si realizza infatti una sintesi, a mio parere efficace, che porta l’intera pellicola su un livello diverso rispetto a quanto usufruibile di solito al cinema, aprendo a una terza parte in cui, complice anche una poetica prepotentemente onirica e visionaria, le due alterità, quella di Alex e quella di Jomo, si fonderanno.

Un film profondamente metaforico e allo stesso tempo politico, eppure sfrondato da qualsiasi retorica, che mette in scena, oltre che un intreccio accattivante e godibile, anche un messaggio piuttosto complesso, di emancipazione politica, individuale, sociale. Perché il nemico è uno solo e non è il nostro pari, anche se si trova dall’altra parte della barricata.

Menzione d’onore anche alla colonna sonora a opera di Vitalic, che accompagna lo spettatore lungo le immagini; una musica che unisce elettronica e momenti lirici, perfettamente in sintonia con la narrazione e con i sottotesti dell’intero lavoro; fondamentale infatti è il ruolo catartico affidato alla danza (che riecheggia in qualche maniera anche nel titolo) che diventa il vero gancio tra due anime, due mondi, due vite assolutamente diverse, ma destinate a intrecciarsi indissolubilmente.

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