Mattoncini, di Angelo Calvisi

di Luca Trifilio

Nella nota dell’autore, Calvisi cita la “Trilogia dei matti”, definizione che qualcuno ha usato a proposito di questo libro. Ed è da quella definizione che si può partire per fornire un’idea al lettore di cosa si troverà davanti una volta aperto il volume edito da pièdimosca.

Mattoncini è la sommatoria di tre storie distinte, racconti lunghi o romanzi brevi che dir si voglia, il cui collante è il disagio psichico. Per affrontarlo, Angelo Calvisi affonda le mani nella materia reale della sua esperienza diretta a contatto con persone affette da disturbi. Riesce a estrarne e a rendere letterari tre frammenti, tre vicende ai confini del surreale scritte tra il 2006 e il 2009 e oggi raccolte in un unico volume.

Quando si racconta uno stato della mente diverso, i cui filtri interpretativi della realtà sono più laschi o più stretti rispetto alla cosiddetta normalità, occorrono una serie di attenzioni e di artifici. Le attenzioni sono senz’altro quelle di rispettare la materia trattata, senza banalizzarla o riferirla in modo stereotipato e falso. Gli artifici ricadono invece nella necessità di adottare scelte stilistiche in grado di trasferire la frammentarietà, i garbugli e le lotte che si svolgono nella mente dei protagonisti delle storie raccontate.

Nella prima, un gamer cronico vive e rivive nella sua mente, alla maniera di un videogioco in cui si riparte subito dopo la morte, stralci di Prince of Persia contaminati da una ridda di citazioni che spaziano dal cinema alla letteratura, per ritornare poi ai videogiochi che rappresentano il fulcro della struttura narrativa. Nella nota conclusiva, è l’autore stesso a rivelare una notevole lista di ispirazioni e di citazioni, in quello che si configura come il racconto più giocoso e, in un certo senso, pop della raccolta.

Il secondo racconto, La maledizione del sommo poeta, esplora una forma di ossessione che si configura nella necessità di ottenere risultati nella vita, lasciando un segno del proprio passaggio. Come ha fatto Dante Alighieri, per esempio. Da uno stimolo scolastico adolescenziale, il protagonista sviluppa un sistema di complessi e di visioni continuative, durante le quali interagisce col fantasma di Dante che, dispettoso, alimenta le spinte all’autosabotaggio dell’aspirante scrittore. Nei suoi tentativi di lasciare un segno, infatti, il personaggio tenta la strada letteraria, inanellando svariati incipit e inizi di romanzi che non sa come proseguire. Tutto, nel suo agire, alimenta ulteriormente la frustrazione e il senso di urgenza rispetto a un obiettivo irrealistico e troppo alto. Calvisi, nei meandri di una trattazione non semplice, con tratti e passaggi che arrivano a lambire l’onirico, riesce a risultare anche divertente, in una selva di invenzioni e grazie, soprattutto, alla ricerca linguistica.
È qui, infatti, che emerge in modo più nitido ed evidente il “linguaggio dei matti”, espresso mediante una forma non sempre pulita e precisa, frequenti ripetizioni, contraddizioni, pensieri profondi e poi, un attimo dopo, del tutto superficiali e quotidiani. L’assenza di un sistema solido di riferimenti emerge nel modo di agire, nelle scelte, nel modo in cui viene filtrata e interpretata la realtà circostante, in quello che somiglia a un delirio paranoico che incontra il suo suggello nel terzo e ultimo racconto di Mattoncini, intitolato Il geometra sbagliato.
La lingua, ormai definita e limata, rimane simile. La narrazione, come negli altri due testi che compongono la raccolta, è in prima persona, per poter cogliere tutte le sfumature e le complessità dei personaggi raccontati. La paranoia è il disturbo dominante della vicenda di Tito Pozzi, che oscilla tra strampalate investigazioni e le pieghe burocratiche di un sistema amministrativo pubblico corrotto e inefficiente. L’aspetto più funzionante del racconto è la sovrapposizione/fusione degli uffici amministrativi e del manicomio, due edifici che si specchiano l’uno nell’altro e nei quali la mente di Tito galleggia incerta.

Raccolta che ha in sé una unità logica e concettuale, Mattoncini è una lettura veloce, a dispetto della lunghezza (440 pagine), ma non per questo banale. I passaggi divertenti e leggeri, presenti soprattutto nel secondo dei tre racconti, non celano né limitano la complessità sfuggente del filtro narrativo. Le voci dei tre matti e le loro vicende danno vita a sequenze complicate, talvolta impetuose e talvolta ardue da districare, tra realtà oggettiva e realtà ipotetica e immaginaria. Il lettore, però, non è necessariamente chiamato a discernere la realtà oggettiva da quella soggettiva: anzi, il vero interesse intellettuale ed esperienziale della lettura è la capacità, mista alla voglia, da parte del lettore di immergersi in un punto di vista distante dal proprio, di abbracciare una visione del mondo e della realtà non necessariamente compatibile o sovrapponibile con la propria.

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