2084

di Tersite Rossi

«Perché ha deciso di richiedere il nostro servizio, signor…»

La psicologa abbassò lo sguardo sul modulo di richiesta che aveva in mano e andò a cercare il nome dell’uomo che aveva di fronte.

«Orvelli» l’anticipò lui. «Giorgio Orvelli.»

«Grazie. Perché ha deciso di richiedere il nostro servizio, signor Orvelli?»

Giorgio Orvelli sorrise.

«Beh, per il motivo che credo abbiano tutti: per sostenere la ricerca scientifica e la nazione.»

«Però lei non è così anziano… Leggo qui che è nato nel 2023. Ha soltanto sessantuno anni.»

«E li sento tutti. La vita è sempre più faticosa. E io sono stanco. Molto stanco.»

«Il nostro non è un servizio di eutanasia. L’eutanasia è illegale. Questo le è chiaro?»

L’uomo sospirò.

«Sì. E infatti non sono qui solo per farla finita, altrimenti avrei potuto tirarmi un colpo, no?»

«Tirarsi un colpo, come dice lei, signor Orvelli, fa più male…»

L’uomo sospirò di nuovo e non rispose.

«Mi perdoni,» riprese la psicologa, «ma il mio compito è capire le sue reali motivazioni…»

«E io gliele ho dette: sostenere la ricerca scientifica e la nazione. Se poi questo significa anche lasciarci la pelle senza soffrire, beh, mettiamola così: è una conseguenza che non mi dispiace.»

A quel punto fu la psicologa a sospirare.

«Senta, signor Orvelli, mi risponda sinceramente: se il nostro servizio non implicasse la morte indolore del paziente, lo avrebbe comunque richiesto?»

Giorgio Orvelli non rispose subito.

«Non capisco perché vi interessi tanto saperlo» disse infine.

«Perché fra qualche tempo saranno a disposizione le tecnologie necessarie per evitare la morte dei pazienti. E il governo ci obbligherà a usarle.»

Lui rimase colpito.

«Vuol dire che chi verrà da voi poi se ne potrà tornare a casa sulle proprie gambe come se fosse andato a comprare del pane?»

«Esatto.»

Giorgio Orvelli ci rifletté qualche istante, prima di tornare a parlare.

«E voi avete una gran paura che, senza dolce morte in cambio, la gente non venga più a cercarvi. Dico bene?»

La psicologa si agitò sulla sedia.

«Niente affatto» rispose piccata.

Lui sorrise.

«Non faccia la risentita, ora. Sto solo dicendo le cose come stanno. Il vostro servizio mi ha sempre ricordato quei posti dove ti vendevano marijuana spacciandotela per profumo, o sesso spacciandotelo per massaggi. Voi vendete eutanasia spacciandola per progresso scientifico.»

La psicologa avvampò.

«Mi ascolti bene, signor Orvelli: se lei continua così, sarò costretta a dare un parere negativo.»

«E allora vuol dire che tornerò a casa e il colpo me lo tirerò davvero. Nessun problema. Non ho paura di morire e chi non ne ha non è più disposto a sopportare l’ipocrisia. Chi vuole morire diventa sincero, lei dovrebbe saperlo.»

Calò il silenzio e durò a lungo. Fu la psicologa a romperlo.

«E va bene. Mettiamola così: lei richiede il nostro servizio per sostenere la ricerca scientifica e la nazione, accettando come inevitabile conseguenza il suo decesso. Sul rapporto non scrivo altro. D’accordo?»

«Perfetto.»

«Bene» disse lei. «A questo punto devo consegnarle il foglio informativo e chiederle di leggerlo prima di sottoscrivere il consenso informato. Dopodiché potrà sottoscrivere anche il contratto di servizio.»

«Senz’altro» disse Giorgio Orvelli, prendendo in mano il documento e iniziando a leggere ciò che c’era scritto, anche se già sapeva tutto.

“La digitalizzazione cerebrale e il conseguente riversamento dei dati negli archivi di ‘Brain Box S.p.A.’ avvengono nel pieno rispetto delle prassi scientifiche e della normativa vigente.

La digitalizzazione cerebrale si svolge previa apertura della scatola cranica e successiva asportazione del cervello. Ultimata l’asportazione, il cervello viene immediatamente trasferito nell’apposito dispositivo di digitalizzazione, chiamato Brain Box, e ivi sottoposto a scansione completa mediante laser ad alta precisione. Tale scansione consente di digitalizzare tutte le informazioni contenute all’interno del cervello al momento dell’operazione, trasformandole in dati intellegibili (ricordi, immagini, conoscenze, ecc.).

Il procedimento sopra descritto implica nella totalità dei casi il decesso del paziente. Prima dell’apertura della scatola cranica, il paziente viene sottoposto ad anestesia totale. Il decesso ha luogo durante l’asportazione del cervello. Il paziente non si accorge del sopravvenire del decesso, né patisce alcun dolore prima che esso sopravvenga.

Una volta archiviati sui dispositivi di ‘Brain Box S.p.A.’, i dati ottenuti dalla digitalizzazione cerebrale diventano di proprietà della medesima, che potrà usarli senza restrizione alcuna nell’ambito delle proprie attività di ricerca scientifica”.

Giorgio Orvelli a quel punto interruppe la lettura. Seguivano solo altre noiose informazioni relative al trattamento dei dati. Nulla che lasciasse intendere l’uso che ne sarebbe stato fatto davvero, ovviamente. Ma lui sapeva, tutti sapevano, che sarebbero stati trasmessi illegalmente al governo, che li avrebbe usati per le proprie operazioni di sorveglianza e controllo dei cittadini, quelle che venivano ufficialmente spacciate per operazioni di sicurezza. Così come la guerra veniva chiamata pace, e la dittatura democrazia. Che senso aveva vivere in un mondo del genere? Nessuno. Per questo lui aveva scelto di morire, di approfittare di quell’eutanasia mascherata da progresso scientifico. Anche se quella dolce morte, col carico di dati che portava in dono al dittatore, dati che si sarebbero trasformati in prove, arresti, torture, condanne, quella dolce morte non avrebbe fatto altro che alimentare e rafforzare la dittatura. Giorgio Orvelli lo sapeva. Si era opposto e aveva combattuto, un tempo. Ma ora non ne aveva più la forza. Ora era solo stanco. Molto stanco.

Firmò il consenso informato e restituì il documento alla psicologa.

«Bene» disse lei.

Solo una cosa Giorgio Orvelli non capiva, e decise di chiederla. Non aveva nulla da perdere, solo una vita che non valeva più la pena d’essere vissuta.

«Ho una domanda» disse.

«Prego.»

«Perché il governo vuole evitare che la digitalizzazione cerebrale provochi la morte?»

La psicologa parve non capire. O forse capì benissimo.

«Perché il governo ha a cuore la salute dei cittadini, mi pare ovvio – rispose.»

Giorgio Orvelli sospirò.

«Senta, io entro stasera sarò morto. Come ultimo desiderio, le chiedo solo di essere sincera con me.»

La psicologa distolse lo sguardo dal paziente e lo posò su un punto invisibile del pavimento.

«L’età media di chi richiede il nostro servizio si è molto abbassata, negli ultimi tempi» disse con un tono di voce diverso, più basso, più piano. «E la morte prematura dei cittadini è dannosa, per il governo. Più anni vivono, più ricco è il bagaglio dati dei loro cervelli.»

Giorgio Orvelli ci rifletté, prima di fare la nuova domanda.

«E allora in futuro come farete a convincerli? Se in cambio non avranno la dolce morte, cosa li spingerà a consegnarvi i loro cervelli?»

La psicologa sorrise.

«La legge, naturalmente» disse compiaciuta. «Donare il proprio cervello diventerà obbligatorio a partire dal diciottesimo anno di età. Bisognerà farlo ogni anno, finché morte non sopraggiunga.»

Profondamente turbato dalla banalità di quella risposta, Giorgio Orvelli inorridì immaginando un futuro ancora più allucinante del presente, dove il dittatore avrebbe avuto costantemente a disposizione i dati contenuti nel cervello di ogni cittadino e il mondo intero sarebbe diventato come il panopticon di Jeremy Bentham: l’occhio che tutto vede. Il mondo intero si sarebbe trasformato in un carcere da cui sarebbe stato impossibile evadere. Un mondo nel quale opporsi e combattere sarebbe diventato definitivamente ed eternamente impossibile, anche per chi lo avesse voluto, anche per chi non fosse stanco.

Fu a quel punto, davanti a quella visione orribile, che Giorgio Orvelli prese la decisione.

Al diavolo la dolce morte, si disse.

Nel 2084 niente più era dolce. Tantomeno morire.

Con gesto fulmineo afferrò il tagliacarte posato sulla scrivania della psicologa e se lo conficcò nella tempia.

La morte sopraggiunse nel giro di qualche minuto. E insieme alla vita di Giorgio Orvelli scomparvero per sempre anche tutti i suoi ricordi, le sue immagini, le sue conoscenze.

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