Ultraphernalia

di Macabre art and literature

Il mondo si era capovolto. Lampione. Stop. Ruota. Tutto sottosopra. Finestrino. Paraurti. Airbag.

Tutto esploso e offuscato.

È una cosa strana l’attesa. Irrazionale fiducia nel prevedibile, stroncata da un razionale prevedibile. Accade. Razionalmente siamo consapevoli che possa verificarsi, ma la sua imprevedibilità lo rende un pensiero tangenziale. Non si attacca alla nostra anima quanto l’attesa del prevedibile.

Eppure eccolo, davanti ai nostri occhi. Ecco l’imprevedibile che non si può affogare, né soffocare, né respirare, né morire. Una febbre ci tiene in vita, una temperatura così alta da innalzare fuochi sulle nostre gote. Si sta, si esiste, si sosta. Fingiamo di conoscerci ma è il corpo il primo traditore, il primo grande sconosciuto, perché non si sente più nulla.

La materia ha trionfato.

Tutto intorno, una schiera di corpi lacerati si sussegue. Si spingono l’uno contro l’altro. Cadono. Annaspano e riemergono dalle acque. Lo spettacolo delle stelle e delle torce, qualcosa di talmente suggestivo da togliergli il fiato dai polmoni, ancora per poco nella sua cassa toracica, o il moncone che ne rimaneva.

Di là dal bordo del fuoco, altre facce dagli occhi d’ambra lo guardavano sorridendo. Occhi morti, bianchi, vitrei e fissi nell’oscurità. Ad occhi aperti solo la tenebra l’attendeva, ma chiudendoli si affacciava su un mondo dai colori vibranti, dalle infinite possibilità; un mondo in cui non era da meno a nessuno. E quella notte era stata più speciale del solito. Quella notte aveva portato speranza.

Siamo qui da molto tempo, forse troppo, una memoria incisa in questa terra da prima che la memoria avesse un significato. Di quando in quando, sentiamo il desiderio di un corpo.

Solo questo.

Purtroppo per te.

Tutto gli fu chiaro quando vide alzarsi le sue viscere, che ormai avevano capelli corvini e occhi fiammeggianti. Un bacio impensabile, non senza che i loro mondi paralleli lavorassero insieme.

Nessuna parola, solo impulsi che viaggiavano su sentieri dimenticati, oltremisura distanti dai pascoli della sapienza e dell’occultismo.

Le labbra divennero vive, come se cromo liquido vi si agitasse all’interno.

La guida del defunto che indicava la via al vivente, creando una consapevolezza inesplicabile. Erano ben oltre il regno dell’intuizione tecnologica, e ove i lunghi capelli corvini si erano diradati adesso sgorgavano linee di codice informatico. Lo splendore di una luna piena irradiava nuovamente dalla pelle.

Quel che accadeva non aveva un nome.

E non lo avrebbe mai avuto. Anche il suono sembrava spegnersi, come se necessitasse di un qualche permesso per esistere.

Un sospiro. Profondo. Calmo. Protratto. Come prima di un tuffo in un oceano sconosciuto, portandosi addosso l’odore del mare.

Persino la morte, amica risolutrice, non si manifesta con il suo mantello nero.

La stanza sembrò piegarsi su sé stessa.

Le anime sono ormai un vago ricordo del corpo che non volevano abbandonare. Sfilano in eterno girotondo. Una dopo l’altra entrano ed escono dall’acqua. Sospirano e rinascono senza posa. Quest’acqua è il nuovo intrico sconfinato: non c’è pace quando ogni cosa, sia sopra sia sotto, è costernata dal blu. Il ritaglio di un due che non torna a essere uno, ma mezzo cadavere nel niente. Non ci alziamo, non ci tocchiamo, non nuotiamo.

Una scommessa che si sorregge sull’estenuata finzione che ciascuno di noi ostenta ogni giorno. Povero, stolto ragazzo.

I tuoi amici ti avevano avvertito?

Noi scegliamo. Come si perdono le dicotomie, si rendono inaccessibili le sfumature.

E pure tutto questo niente non diviene mai qualcosa.

Nulla oltre alla polvere, tornata a nuova vita e inaudito splendore.


Il racconto che avete appena letto è un esperimento di cut-up letterario a opera del laboratorio Macabre art and literature.

Nello specifico hanno partecipato:

Giulia De Blasi
Marcello Iaia
Valerio Maglianella
Livia Parisini
Nicolò Savani

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